Perché in Italia si vendono più jeans che libri

Romanzi in Romagna, Davide Bacchilega

Ce lo spiega Stefano Guerra, giornalista culturale al Romagna Sera.

Già che ci siamo, se mi permettete, fatemi spendere due parole sul motivo per cui gli italiani leggono poco, c’ho una mia teoria a proposito, tutto sta nella questione dei commessi, parliamoci chiaro, credo che la questione dei commessi sia una questione decisiva per la fiacca delle vendite librarie, perché se finisco in un negozio di abbigliamento, tanto per fare un esempio, la commessa di turno, in genere le commesse di turno sono piuttosto carine nei negozi di abbigliamento, più o meno in tutti i turni, e hanno pure dei tatuaggi tribali proprio sopra il sedere che maliziosamente riescono a mostrarti con agilissime contorsioni, la commessa di turno dei negozi di abbigliamento, dicevo, di solito mi fa provare tutti gli ultimi modelli di qualsiasi capo purché costoso, e ogni volta che indosso qualcosa di appena decente, con fare disinteressato mi declama, Con quest’abito gessato sei davvero una meraviglia, quanto piacerai alla tua fortunata fidanzata, oppure, Ma come ti dona questa giacca sportiva, così vestito sembri David Beckham che si aggira a un party londinese frequentato da modelle, oppure ancora, Questi calzettini rigati in stile gentleman britannico innalzano spudoratamente il tuo sex appeal, quasi quasi mi chiuderei in camerino con te giusto giusto quei dieci minuti necessari per convincerti a lasciarmi una generosa mancia, mentre invece nelle grandi catene librarie, da Feltrinelli ad esempio, ma anche da Mondadori tanto per la par condicio, chiedere un libro al commesso è come chiedere all’ultima delle telefoniste stagiste di poter parlare con l’amministratore delegato di una multinazionale farmaceutica, non c’è mai, è fuori sede, ritentare un’altra volta, magari il secolo prossimo, perché il commesso della grande libreria oltre a essere l’ultimo anello della catena culturale, se lo importuni con certe richieste scomodanti s’indispettisce, s’offende, ché lui mica è lì per servire gli ignoranti teste di cazzo come te, è lì per preservare l’incolumità del patrimonio librario di quel tempio del sapere, manco fosse il sacro custode della biblioteca d’Alessandria, quella d’Egitto, non quella in Piemonte, quindi puoi scordarti che ti faccia provare il libro in oggetto per vedere come ti sta addosso, osservandoti con attenzione mentre leggi la quarta di copertina, tanto meno con fare disinteressato ti declamerà mai, Oh, con quel volume di filosofia nichilista in mano appari notevolmente più intelligente, l’ideale compagno di sbronze in una serata intellettual-depressoide, oppure, Accessoriata di quel romanzo sentimentale la tua figura di fine critico letterario integrato al sistema sembra sdoganare le letture popolari acquisendo al contempo un’insospettabile aura dandy nonché un sottile fascino anti-machista, oppure ancora, Quell’antologia di poesie scapigliate abbinata a quella raccolta di barzellette di comici televisivi fa di te l’uomo brillante, scanzonato e poliedrico che quella gnoccolona di mia sorella ha sempre desiderato spompinare fin da bambina, nessuno mai ti fa di questi complimenti da Feltrinelli, e neanche da Mondadori tanto per la par condicio, allora poi mi viene il sospetto che sia questo il motivo per cui la gente tira fuori un sacco di soldi nei negozi di abbigliamento e molti meno in libreria.

(Tratto da I romagnoli ammazzano al mercoledì, che poi è il mio libro.)

Una risposta a “Perché in Italia si vendono più jeans che libri”

  1. Mitico. Hai saputo sviscerare un concetto che accarezzavo da tempo. Grazie.

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